LA PREMESSA: GIOTTO A RIMINI
Nonostante la convinzione riguardo la precedenza del soggiorno padovano di Giotto rispetto a quello riminese, già Volpe notava l'appartenenza stilistica della croce di San Francesco, oggi Tempio Malatestiano, l'unica opera riminese di Giotto pervenutaci, a una fase antica dell'artista. Lo studioso la poneva, infatti, cronologicamente anteriore di almeno 7 o 8 anni rispetto alla croce dipinta per gli Scrovegni, ipotizzando quindi che quest'ultima fosse ascrivibile a una fase non concomitante agli affreschi della chiesa, bensì durante un altro soggiorno di qualche anno dopo. Oggi questa idea viene tendenzialmente scartata e il soggiorno riminese anticipato al 1300 circa, anche se è Volpe ad aver avuto il merito di indicare la grande importanza che la presenza di questa croce a Rimini ha avuto per gli artisti locali.
Tra le soluzioni più originali vi sono quelle di Giovanni da Rimini che, pur rispettando il modello giottesco, dona ai suoi crocifissi una tenerezza espressiva e un'eleganza mai viste prima. Volpe contava quattro crocifissi attribuibili al maestro, tutti presenti nella sua fototeca: il più antico, quello di Talamello, con una carpenteria ancora legata al Duecento ma in cui è già palesato il modello giottesco; il Crocifisso Gouldsticker di Utrecht, molto vicino al primo ma del quale veniva lamentato dallo studioso la mancanza di un buon restauro; il Crocifisso Diotallevi nel Museo di Rimini e infine il Crocifisso di Mercatello, dipinto nel 1309, una delle rare opere firmate e datate del Trecento.
Dal punto di vista stilistico le forme anatomiche del Cristo, efficacemente definite dal chiaroscuro, la naturalezza del corpo, rappresentato con il torace in avanti e l'addome sporgente, nonché la partecipazione drammatica dei dolenti, con raccordi tondeggianti all'incrocio dei bracci e l’innesto dei terminali della croce, rimandano appunto all'opera riminese di Giotto.
Quella che però appare essere la più vicina alla Croce del Tempio Malatestiano è certamente la Croce conservata nella chiesa di Sant'Agostino di Rimini, improntata su un "ideale di patetico languore e di dolorosa gravezza fisica" (Volpe) e che non verrà dimenticata da Pietro da Rimini quando si cimenterà nelle sue sperimentazioni votate a un forte espressionismo.
L'attribuzione del Crocifisso è un fatto controverso. Volpe lo attribuiva al Maestro dell'Arengo, cioè l'esecutore del Giudizio Universale un tempo sull'arco trionfale della stessa chiesa, poi nel Palazzo dell'Arengo e oggi trasportato al Museo Civico della città, ma per altri invece è di mano del Maestro del Coro di Sant'Agostino, esecutore degli affreschi eponimi.
Il cattivo restauro subito negli anni Trenta, quasi sfigurando il viso di Cristo, purtroppo non ne aiuta la lettura.