IL MAESTRO DEL CORO DI SANT'AGOSTINO
La chiesa di Sant’Agostino è l’unico edificio riminese che testimonia le iniziative pittoriche promosse dagli ordini mendicanti. L'apparato decorativo dei primi del Trecento, giuntoci solo in parte, si compone di cicli di affreschi, che ricoprivano tutta l'abside quadrata della chiesa, dallo zoccolo alla crociera, nonché le due cappelle laterali, e di una grande croce lignea dipinta: nel campanile si ammirano le Storie della Vergine e, alle pareti dell'abside, la Deesis, la Madonna in Maestà, il Noli me tangere, le Storie di San Giovanni Evangelista, al quale la chiesa era dedicata fin dalla sua fondazione, prima che passasse ai frati Eremitani di Sant’Agostino. Le pitture trecentesche vennero nascoste da interventi successivi finché, nel 1916, un terremoto inaspettatamente le riportò alla luce.
Il responsabile di questa decorazione pittorica, ancora sprovvisto di una precisa identità anagrafica, è generalmente indicato con il nome di “Maestro del Coro di Sant’Agostino”. L’attribuzione dell’opera è ad oggi uno dei casi più spinosi per la critica.
Miklós Boskovits tende ad assimilare la mano del pittore a quella del noto Giovanni da Rimini, ma per Daniele Benati il Maestro del Coro di Sant’Agostino, pur muovendosi del solco di Giovanni e Giuliano, ne sviluppa le premesse in termini del tutto inaspettati, fino a raggiungere un grado di naturalezza fino a quel momento intentato. Alla luce di ciò potrebbe dunque avere senso l’ipotesi di una partecipazione di Zangolo, fratello dei due ben più noti pittori riminesi, al cantiere. Zangolus rappresenterebbe pertanto la fase di transizione dall’arcaismo giottesco di Johannes e Giuliano ai diversi intendimenti, umanamente partecipi di goticamente connotati, di Pietro da Rimini.